Il termine (Semplicità volontaria, NdA) in origine fu utilizzato da Richard Gregg, discepolo di Gandhi. Nel 1854 Thoreau, in Walden o la vita nei boschi, ne parla: “Nessuno può essere un osservatore imparziale, o saggio, della vita umana se non dal punto di vista privilegiato di quella che possiamo chiamare povertà volontaria”.
(…)La sfida è proprio questa: dimostrare che saremo più felici con meno, con un altro stile di vita e con un altro modo di vedere e pensare la nostra momentanea e fuggente presenza su questo pianeta: meno ricerca del denaro e del successo e più coccole; meno fretta e più lentezza; meno arroganza e più compassionevolezza. In realtà non stiamo scoprendo nulla di nuovo. È un ritorno alle fonti di quella antica saggezza che è patrimonio comune di tutte le principali culture: dalla «via di mezzo» del buddismo alla «povertà francescana ed evangelica», dalla condivisione praticata nell’Islam all’economia del dono riscoperta dalle nuove tribù che contestano i misfatti della globalizzazione neoliberista. «Vivere semplicemente per permettere agli altri semplicemente di vivere» direbbe il Mahatma Gandhi. Ed è proprio lui a stimolarci nel seguire questo cammino, con un invito concreto e pressante. Una volta, mentre stava uscendo intreno dalla stazione, un giornalista si avvicinò al finestrino e gli chiese se avesse un messaggio da dare alla sua gente. Per Gandhi quello era il giorno del silenzio (…). La sua risposta fu una breve frase scarabocchiata su un pezzo di carta: «La mia vita è il mio messaggio». E la nostra? Possiamo dire altrettanto? La scelta della semplicità volontaria (…) può aiutarci a rispondere positivamente e a intraprendere un cammino personale di ricerca e di autorealizzazione.
Tratto da www.serenoregis.org – portale della pace nonviolenza e ambiente
(…)La sfida è proprio questa: dimostrare che saremo più felici con meno, con un altro stile di vita e con un altro modo di vedere e pensare la nostra momentanea e fuggente presenza su questo pianeta: meno ricerca del denaro e del successo e più coccole; meno fretta e più lentezza; meno arroganza e più compassionevolezza. In realtà non stiamo scoprendo nulla di nuovo. È un ritorno alle fonti di quella antica saggezza che è patrimonio comune di tutte le principali culture: dalla «via di mezzo» del buddismo alla «povertà francescana ed evangelica», dalla condivisione praticata nell’Islam all’economia del dono riscoperta dalle nuove tribù che contestano i misfatti della globalizzazione neoliberista. «Vivere semplicemente per permettere agli altri semplicemente di vivere» direbbe il Mahatma Gandhi. Ed è proprio lui a stimolarci nel seguire questo cammino, con un invito concreto e pressante. Una volta, mentre stava uscendo intreno dalla stazione, un giornalista si avvicinò al finestrino e gli chiese se avesse un messaggio da dare alla sua gente. Per Gandhi quello era il giorno del silenzio (…). La sua risposta fu una breve frase scarabocchiata su un pezzo di carta: «La mia vita è il mio messaggio». E la nostra? Possiamo dire altrettanto? La scelta della semplicità volontaria (…) può aiutarci a rispondere positivamente e a intraprendere un cammino personale di ricerca e di autorealizzazione.
Tratto da www.serenoregis.org – portale della pace nonviolenza e ambiente
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