22 maggio 2010

Donne indiane che lottano per i diritti delle donne

Ieri a Genova ho visto il documentario “Pink Gang” commentato dalla protagonista Sampat Pal Devi. E’ stata un’esperienza forte e di ulteriore riflessione su quanto accade quotidianamente a molte donne del Sud del mondo. In India ogni 37 minuti una donna viene stuprata e ogni 90 minuti una donna muore tra le mura domestiche…e dai noi le cose non vanno molto meglio anche se in apparenza abbiamo più diritti...Anche se non posso definire il movimento molto gandhiano per le metodologie adottate ho deciso di scrivere questo post per far conoscere il movimento delle Pink Gang e per unirci anche solo mentalmente alle migliaia e migliaia di donne che al mondo continuano a subir violenze e deprivazioni!


"Un giorno, quando Sampat è ancora piccola e ha i piedi a mollo in una risaia, vede passare un gruppo di bambini. Ordinati e puliti, non sono certo diretti al lavoro nei campi. Vanno a scuola, le dice qualcuno. Sampat non sa bene cosa sia la scuola, ma sa che solo i ricchi ci vanno. Ai poveri, i figli servono nei campi. Sampat è più che povera, appartiene a una delle caste più basse dell’India, è quasi un’intoccabile, e vive in un poverissimo villaggio dell’Uttar Pradesh. Il suo destino sembra segnato. Ma lei è una bambina sveglia e quel giorno decide di andare a scuola con gli altri. Ci andrà molte altre volte, all’inizio restando in disparte, dimostrando un’intelligenza pronta e un innato senso di giustizia.Nulla può però contro le millenarie tradizioni del suo paese. Ha solo dodici anni quando, come è consuetudine, viene data in sposa a un uomo ben più vecchio. Non conosce il marito, non sa nulla del matrimonio, non ha ancora raggiunto la pubertà. Non è che una bambina. Da quel momento la consuetudine vuole che lei sia silenziosa e si sottometta al marito, alla suocera e ai soprusi di chiunque appartenga a una casta più elevata. Perché così si deve fare. Perché quello, le dicono, è il suo destino.

Ma Sampat non sopporta le prevaricazioni, e non accetta di essere considerata inferiore a nessuno. Quando osa reagire all’ennesima angheria, la suocera la caccia di casa, insieme ai due figli che intanto sono nati. Potrebbe essere la fine, e invece è un nuovo inizio. In poco tempo, diventerà la paladina degli oppressi, soprattutto delle donne. Che in migliaia, da tutta l’India, si uniscono a lei per dare il via a una rivoluzione rosa, dal colore del sari che hanno scelto come divisa. Un’onda rosa che fa paura a chi non vuole che le cose cambino".


"Si vestono con sari rosa confetto, ma la loro fama è lontana dall’essere tenera. Sono le giustiziere rosa, un gruppo deciso ad estirpare la corruzione delle forze di polizia e ad applicare una giustizia spietata ai colpevoli di violenza domestica o sessuale.

Agiscono nello stato di Uttar Pradesh, nel nord dell’India. Hanno scelto il rosa come simbolo della loro lotta e possono contare tra di loro centinaia di militanti. Sono armate di lathi – bastoni tradizionali – che servono a picchiare gli uomini che sono stati violenti con le loro mogli o le hanno abbandonate, e anche a pestare i poliziotti che hanno rifiutato di registrare denuncie di stupro.

Il gruppo è riuscito, nonostante le sue membre siano originarie delle caste più basse della società indiana, a denunciare le malversazioni dei politici corrotti. Dalla sua creazione, la Pink Gang, come si autonominano, ha subito una serie di accuse criminali, ma tengono duro e resistono alle minacce.

“Nessun ci viene ad aiutare in questa regione” dice Sampat Pal Devi, 47 anni, fondatrice del gruppo che da alle altre donne lezioni di combattimento. “La polizia e i funzionari sono così corrotti e anti-pover che dobbiamo noi fare applicare la legge. In altri momenti, ricopriamo di vergogna chi si comporta male. Ma non siamo una gang nel senso abituale del termine. Siamo una gang per la giustizia. Indossiamo il rosa perché è il colore della vita.”

La Pink Gang è basata nella zona di Banda, una delle parti più povere d’Uttar Pradesh e le donne guadagnano pian pianino il rispetto dei funzionari locali reticenti. Più del 20 % della popolazione di Banda sono “intoccabili”, la casta più bassa. Le donne sono le prime vittime della povertà e della discriminazione in una società feudale dominata dagli uomini e sottomessa alle caste superiori. Quasi tutte le Pink giustiziere vivono in capanne di fango e di mattoni, senza acqua corrente, senza elettricità, e sopravvivono con meno di 50 pence (0,75 euro al giorno).

Aarti Devi, 25 anni, dice: “Da sola non ho nessun diritto, ma insieme, come gruppo di Gulabi, abbiamo potere.”

“Quando vado a prendere l’acqua, la gente delle caste superiori mi picchiano, mi dicono che non ho il diritto di bere la stessa acqua di loro. Ma quando siamo in banda, ci temono e ci lasciano tranquille.”

“Sei mesi fa, una donna è stata stuprata e siamo andate con lei al commissariato di polizia. All’inizio, i capi hanno rifiutato di prendere la denuncia, ma insieme, siamo riuscite a costringere la polizia ad agire. Abbiamo trascinato l’ufficiale di polizia fuori dal commissariato e l’abbiamo picchiato con i nostri bastoni.”

L’anno scorso, dopo aver ricevuto denunce perché un negozio statale non dava il cibo che sono tenuti a distribuire gratuitamente ai/alle pover*, la gang ha iniziato a sorvegliare il proprietario e suo figlio. Una notte, hanno visto due camion carichi di grano sulla strada del mercato, dove il proprietario del negozio pensava di venderlo e tenersi i soldi. La Pink Gang ha fatto pressione sull’amministrazione locale perché sequestrassero il grano e ha controllato che il grano fosse poi correttamente distribuito…"


Per approfondimenti leggere il testo “con il sari rosa” di Sampat Pal ed. Piemme

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