22 luglio 2011

Bambini radiosi

Il bambino non è poi così diverso dall'adulto e fin da prima di nascere è una persona completa a tutti gli effetti, anche se si affida all'adulto per essere accudito finché non può farlo da solo. Entusiasmo, creatività, spontaneità, voglia di vivere, curiosità, energia vitale...sono qualità diffuse nei bambini che dovrebbero essere abbondanti anche nell'adulto. Quelle che consideriamo invece proprie dell’età adulta (responsabilità, serietà, competenza, impegno...) sono presenti in tutti i bambini. Istintivamente sappiamo cosa ci serve, come procurarcelo e lo facciamo con piacere, non controvoglia.
Il primo passo verso un bambino radioso è riconoscere che sia come noi adulti, competente e allo stesso tempo gioioso.

Il malessere di noi adulti
E se noi adulti non siamo gioiosi? Soltanto recuperando la gioia siamo in grado di avere un comportamento maturo.
Come mai questa gioia si è persa? Da dove arriva quel fardello di vulnerabilità, paura, inadeguatezza etc. che ci portiamo dietro?
Si può affermare che la nostra vita sia caratterizzata da esperienze di esclusione e di sofferenza. Fin dal principio non siamo accolti fino in fondo: non siamo concepiti come dev'essere, nostra madre incinta sta male o fa sacrifici. Alla nascita soffriamo e facciamo soffrire nostra madre - vogliamo nascere ma qualcosa lo impedisce e infine, invece di ritrovarci nelle sue braccia, siamo in mani estranee. Soffriamo così tanto che ci sembra di non ricordare. Ci aspettiamo di ricevere il latte materno ma al suo posto ci viene data una bibita strana in un contenitore artificiale oppure ne riceviamo solo un po’ - quando abbiamo fame, dobbiamo aspettare e imparare a nutrirci ad orario, poi sul più bello arriva il momento dello "svezzamento". Ci viene impedito di fare o toccare quello che ci interessa e siamo dirottati su altre attività, pedagogicamente "rilevanti". Siamo aiutati a fare quello che vorremo tanto imparare da soli, gradatamente, assaporando ogni passo. Siamo infilati in box "per la nostra sicurezza" e magari anche messi a dormire in un’altra stanza. Piangiamo, ma ci lasciano fare così ci abituiamo. Ci mettono pressione per imparare a camminare e parlare prima possibile, senza rispetto per le tappe di crescita e veniamo separati precocemente dall'ambiente familiare "per la nostra autonomia". Le nostre richieste sono ignorate e ridicolizzate.
L'immenso dolore che risulta da questi trattamenti se resta a livello inconscio spesso ci induce ad agire in modo che gli altri soffrano almeno altrettanto. Non trovando la forza per dire "basta" a questa catena di sofferenza, seguiamo e propaghiamo in buona fede i miti che sia indispensabile per la sicurezza interferire durante il parto e che allattare a richiesta, rispondere al pianto del bambino, portarlo in braccio equivalga a viziarlo. Lo stesso meccanismo ci fa andare a lavorare invece di restare a casa con nostro figlio come reputeremmo giusto.

I bisogni fondamentali dell'essere umano
Per rompere questo meccanismo dobbiamo prendere coscienza delle nostre esigenze fondamentali quali esseri umani. Esse sono indispensabili per uno sviluppo pieno del nostro potenziale e per uno stato di salute che si esprime sotto forma di bellezza, armonia e integrità. Lungi dall'essere un lusso o un capriccio, sono una concreta necessità biologica per crescere bene, sani e belli.
Per essere radiosi ci vogliono un padre e una madre che si incontrino e si uniscano sessualmente nel piacere più profondo e ci concepiscano consapevolmente seguendo la voce interiore che sia giunto il momento. Nulla di materiale serve a un figlio ma molto di spirituale.
Fin dal primo istante siamo bene accetti, dai genitori e da chi li circonda (futuri nonni, famiglia, amici). Tutti accolgono il nostro arrivo con gioia senza preoccuparsi o dire che non sia il momento opportuno.
La nostra mamma sta bene ed è serena per tutti questi nove mesi e dopo.
Possiamo nascere quando è il nostro momento senza essere monitorati, accelerati, rallentati, tirati fuori. La comunicazione fluida e empatica con la madre viene lasciata intatta. Perché accontentarci di nascere vivi senza malformazioni? La vita ci offre molto di più! Nutriti dalla gioia nasciamo belli, forti, sani, felici...radiosi.
Non veniamo separati o allontanati da nostra madre. É lei ad accoglierci. C’è silenzio e pace. Al tepore del corpo materno c’è tutto il tempo per cominciare a respirare, ad annusare, ad orientarsi e a dirigersi verso il seno.
Questo trattamento umano imprescindibile ora lo riceviamo negli ospedali "amici dei bambini" o grazie alla presenza di un medico "speciale". Naturalmente un pochino interferiscono, per via dei protocolli e della sicurezza. 
È un bisogno fondamentale essere assieme alla madre. Poter assaporarne fin dal primo momento l'odore, il sapore, la pelle e lo sguardo e continuare a farlo per mesi, vicini alle poche cose essenziali: latte, calore e amore. Non ci serve l'arsenale di ciucci, biberon, carrozzine e tutta la valanga di oggetti "indispensabili per il neonato" quanto piuttosto il contatto fisico, la voce e il movimento sul corpo di un adulto. Immobili nel passeggino, con il ciuccio in bocca, non è detto che non ci manchi nulla solo perchè non piangiamo. Il contatto continuo, pelle contro pelle, nutre e scalda sia il bambino che la madre: una sinfonia di odori e sapori, un cullarsi al ritmo del cuore e del passo, un danzare i cambi di posizione e ammirare il viso della mamma da vicino. Apprendiamo guardando quello che fa dalla sua prospettiva. Portare i bambini è necessario quanto allattarli – farne a meno compromette l'abilità psico-motoria e l'apertura verso il mondo. Diventiamo meno radiosi. Portare integralmente ("indossare" il bambino), non solo quando il passeggino è scomodo o a discrezione dell’adulto, è uno stile di vita che motiva, permette di comprendersi mutualmente e sincronizzarsi sullo stesso ritmo.
Dormiamo assieme ai nostri genitori e siamo allattati finché ne abbiamo desiderio. Si parla di mesi di allattamento ma il bambino chiede anni e così favorisce la distanza tra un parto e l'altro e la salute della sua mamma. Quando si riceve per almeno tre anni tutto ciò che ci serve non c'è motivo di essere "gelosi" di un nuovo fratellino.

Un semplice pezzo di stoffa?
Il nostro alleato più prezioso diventa un banale pezzo di stoffa che usiamo per portare il bambino più agevolmente. Tenendo sempre il bambino lì dentro fin dalle prime settimane di vita, ci rieduchiamo a fare le nostre cose e a sentirci liberi assieme a lui. Quando il bambino esprime il desiderio di scendere per cominciare a gattonare, noi restiamo immersi nelle nostre attività e lo riprendiamo in braccio non appena torna da noi, che sia per poppare, per dormire o "semplicemente" per starci in braccio. Occupandoci nelle nostre faccende restando ricettivi alle richieste del bambino stiamo facendo ciò che è previsto e infatti ci sentiamo gratificati. Si instaura una relazione fantastica con il bambino e ci accorgiamo di come lui sappia gestire le sue attività, sia in grado di destreggiarsi nell'ambiente, sappia ciò che può o non può fare, non corra in continuazione rischi e pericoli.
Le tipiche crisi, le scene, i "capricci", le "fasi" dei bambini scompaiono per far capolino quando non stiamo bene, quando proiettiamo sul bambino nervosismi e ansie. Delle volte siamo stanchi, abbiamo fatto baruffa o ci sembra che stia sempre alla tetta. A queste sollecitazioni stressanti il bambino reagisce: che cosa ci vuole dire? Di fermarci e rimediare, ritrovando l'atteggiamento giusto. Il bambino reclama un adulto che lo accoglie quando ne ha bisogno, che non se la prende con lui, calmo e tranquillo, fermo ma non arrabbiato.
Evitando di dare corda al comportamento improprio del bambino, il "capriccio" si risolve rapidamente – ciò non vuol dire reprimere la propria rabbia o trascurare il bambino bensì prendere sul serio invece della sua provocazione la richiesta implicita e urgente di essere accolto e apprezzato incondizionatamente. Respirando creiamo tutto lo spazio possibile per questo bambino affinché possa venire da noi, senza lasciarci innervosire da quello che sta facendo, senza giudicarlo/ci o sentirci in colpa. Senza pensare è una peste, è terribile, non valgo nulla come mamma, tutte fandonie che osiamo anche dire. Allora si tranquillizzerà e verrà da noi -  è infatti quello che reclama con tutte le sue forze. Lo stesso discorso vale in caso di pianto disperato e inconsolabile.

Non solo i genitori
Tutti noi abbiamo la possibilità di dare un piccolo contributo affinché i bambini di oggi siano il più possibile in contatto con la loro energia vitale e risplendano della loro luce interiore. Possiamo sostenere i genitori nel loro compito appoggiandoli nelle scelte "anticonformiste" sulla cura dei figli. Possiamo rivolgerci a tutti i bambini con amore e rispetto, dicendo loro la verità, essendo sinceri e coerenti, trasmettendo loro i valori che riteniamo importanti. Possiamo fare molto meravigliandoci di fronte alla loro competenza e divertirci lasciandoli osservare e poi imitare, ricordandoci che ogni volta che facciamo per un bambino quello che può fare lui da solo andiamo a minare la sua capacità e la sua autostima. In particolare di fronte al pianto, al comportamento non adeguato o all'incidente diventano importanti empatia, solidarietà, sostegno e fermezza nel porre limiti. L'adulto si guadagna il ruolo di guida affidabile e il bambino impara le regole sociali senza disimparare ad esprimere le emozioni. Restiamo tutti radiosi.

Tratto da uno scritto di Clara Scropetta. Per saperne di più
-         Grazia de Fiore, "Portare i bambini. Contatto continuo, come e perchè", Coleman Editore, 2006 (corredato di dvd "Invito a portare") www.coleman-editore.it; www.contattocontinuo.org : sito dell'associazione Contatto Continuo
-         www.portareipiccoli.it : sito informativo dell'associazione culturale Portare i Piccoli su perché e come portare bambini piccoli

-    www.jacquelinejimmink.com : sito di Jacqueline Jimmink, che anima incontri e laboratori sul portare e distribuisce alcuni tipi di teli portabebè per Aamterranuova

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