22 luglio 2011

Portare il bambino

Portare il bambino significa soddisfare la sua necessità di contatto fisico e allo stesso tempo creare le condizioni ideali per soddisfare gli altri bisogni, come quello di essere allattato, riconoscendoli dai primi segnali senza che il bambino sia costretto a piangere. Il bambino si attende infatti di essere portato continuamente, o almeno di essere in contatto sensoriale con altri esseri umani, e di non dover aspettare quando gli serve qualcosa.
Per i primi mesi la figura di riferimento è la madre, affiancata via via dal padre o da altre persone familiari. La madre infatti accoglie il bambino fin dall’inizio della vita, gli fornisce tutto il nutrimento necessario per svilupparsi (prima tramite la placenta e poi con il latte materno) ed è dal concepimento in costante comunicazione umorale ed emotiva con lui. Il bambino si sente al sicuro con lei, quando ne riconosce l’odore, la pelle, il sapore e i suoni.
Ma non basta tenere in braccio il bambino, è necessario essere attivi: portare il bambino è contatto fisico in movimento. Per comprendere perché sia così importante, bisogna addentrarsi nelle modalità naturali di crescita e sviluppo del sistema nervoso. Esse prevedono un’adeguata e continua stimolazione, che comprende movimenti di tutti i tipi e cambi di posizione, una ricca esposizione a suoni, odori, immagini e un benefico massaggio integrale. L’insieme di queste stimolazioni porta ad una sana maturazione del sistema nervoso e al crearsi di sinapsi che permettono una rielaborazione dei dati tale da garantire coordinazione motoria, orientamento spaziale, senso dell’equilibrio e interazione efficace con l’ambiente. Ciò è vero anche per il periodo prenatale: si è osservato che, a seguito del riposo a letto consigliato in caso di minaccia di aborto, il bambino presenta frequentemente anomalie nello sviluppo. L’insieme di queste stimolazioni cinestetiche, del contatto diretto pelle contro pelle e dell’allattamento materno a richiesta, sembra essere determinante per una crescita rapida, capacità motorie ben sviluppate e un buono stato di salute generale. Inoltre il neonato ha molta energia che non può ancora scaricare con la propria attività fisica, ma soltanto tramite quella dell’adulto; quando questo avviene, il corpo è tonico ma rilassato, i movimenti fluidi e armoniosi, altrimenti si osserva un accumulo di tensione e rigidità – il bambino per esempio inarca la schiena o scalcia.
Per portare il bambino, la scelta tra la gamma di prodotti è ampia. Il criterio più importante resta la posizione delle anche e della schiena: il neonato deve essere ben sostenuto e assolutamente non penzolare sul corpo dell’adulto. L’adulto e il bambino formano un corpo solo, con un unico baricentro – ciò garantisce che portare sia facile e piacevole ed è migliore anche per la salute dell’adulto. Se subentra un mal di schiena, la causa non è il bambino bensì la posizione non corretta o una patologia dell’adulto da curare.
La pratica di portare il bambino, oltre ad essere comoda ed economica, è uno strumento di comunicazione e di inserimento sociale. Il bambino osserva, partecipa a tutte le attività e apprende una quantità enorme di abilità prima ancora di scendere a terra. L’adulto è entusiasta della libertà di movimento e d’azione che ha assieme al bambino e si compiace della qualità della loro relazione.
Detto in parole povere, portare il bambino è un nutrimento per il corpo e per lo spirito sia di chi porta sia di chi viene portato, a patto che venga fatto volentieri. Può succedere che l’adulto non si senta a suo agio. Il contatto fisico promiscuo e continuo risveglia in lui potentemente la sofferenza per non essere stato trattato allo stesso modo da piccolo e può portare addirittura ad una reazione di rifiuto. Il modo migliore per affrontare questa situazione è cercare il sostegno di una terza persona solidale, empatica e preparata, per riuscire a continuare ad accudire il bambino con gioia e portarlo il più possibile. Portare il bambino è infatti un modo ottimo per superare la difficoltà ad accettare l’intimità fisica e l’interdipendenza e permette di rielaborare e integrare i traumi dell’infanzia recuperando ciò che è mancato. Nel caso, infrequente, che il bambino non sembri gradire di essere portato, vale la pena di aspettare un attimo prima di trarne delle conclusioni affrettate. Il bisogno di essere portati è una necessità biologica dell’essere umano. Spesso molto semplicemente il problema si rivela essere un momento difficile della vita. Si è osservato che i neonati sono molto sensibili all’adrenalina e diventano agitati se la persona che li accudisce si trova sotto stress – questo ormone viene eliminato soprattutto con il sudore e la reazione del neonato è tanto più intensa quanto maggiore è la vicinanza fisica. Una ragione in più per la madre o chi per lei di mantenere la calma e affrontare le difficoltà con maturità in tutto il periodo primale.
Naturalmente la crescita e lo sviluppo sani del bambino richiedono un nutrimento spirituale di alta qualità: gioia, piacere, fiducia, accettazione e accoglienza sono aspetti imprescindibili senza i quali neanche la pratica più ortodossa del contatto fisico e dell’allattamento può nulla.

Scritto di Clara Scropetta per “La prima ferita” di W. Maurer, settembre 2007

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